Giochi da tavolo: come muore l’arte

“Per noi l’arte è, rispetto alla sua destinazione suprema, qualcosa di passato.”

Riesumare le parole di Hegel, probabilmente, aggiunge quella spada di Damocle che penzola sul capo chino di chi è concentrato a proporre le proprie idee al futuro. Eppure, ogni volta che un autore si arrovella per trovare le migliori intuizioni, c’è sempre qualcuno che non le accetta. Fa parte del gioco. Ironia della sorte, c’è anche del divertimento in quel momento in cui un artista vuole comunicare con il mondo, foss’anche per un nome scolpito nel tempo, oppure per esclamare nella propria bolla: ne ho fatto parte anch’io. Indubbiamente l’arte, soprattutto il modo di concepirla, è stata plasmata nel tempo, seguendo cultura e innovazione, lasciando anche il posto a quello che ineluttabilmente è il principio fondamentale: la libertà creativa. Non è solo il sinonimo del gusto, ma anche una proprietà gratuita di ciò che l’intelletto può offrire. L’immaginazione è ciò che spinge il pensiero a non porsi limiti alcuni, scontrandosi successivamente con la realtà e con il castello di carte a sbriciolarsi dalle fondamenta.

Giochi da tavolo
Qualcuno ci vede roba strana?

Tutto molto bello, quasi aulico e perfino idilliaco. Peccato che effettivamente lo scontro tra artista e pubblico sia cambiato nel corso del tempo. In tempi meno sospetti, lasciata la coltre nera della censura e quello strato di cenere che ne limitava la fruizione delle opere, qualsiasi problema a stampo culturale doveva avere un colpevole, anche immaginario. Ricordo i tempi in cui la violenza per le strade si attribuiva ai videogiochi violenti, dove (testuali parole di qualcuno): A Natale, genitori zombi lo regaleranno ai figli, affinché lo diventino anche loro. Serve boicottarlo e smetterla di “divertirsi da morire”. Personalmente a GTA io ci giocavo in età adolescenziale, ma non ho mai intrapreso la carriera criminale, anzi… Prima che si innalzino i forconi, bisognerebbe non minimizzare problemi psicologici associati ad una sfera socio-culturale ben definita. Un po’ come dire: mio nonno fumava 3 pacchi di sigarette al giorno, ma è vissuto 100 anni. Il concetto è quello.

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Partiamo bene…

Empatia

Sulla scia molto estremista di talune dichiarazioni, il concetto della comunicazione tra artista e spettatore ha subito un’inversione di rotta. Certamente la regola non si eguaglia per tutti, ma il modus operandi è cambiato. L’autore ha sempre voluto esportare la propria immaginazione, la propria visione e il proprio estro a chi voleva lasciarsi coinvolgere e, perché no, abbracciare la poesia dell’arte donata. Questo eufemismo si è tramutato, oggi: offrire al pubblico quello che vuole. Si sta ribaltando la situazione, direbbe qualcuno e quindi cambiamo registro. In tutta la mia esperienza ludica, ma anche narrativa o cinematografica, sono sempre rimasto affascinato dalla produzione di tutte le opere, cercando di discernere il gusto personale dal ringraziamento verso l’autore.

Giochi da tavolo
Un esempio di delicatezza sui temi affrontati nei giochi da tavolo.

Tante volte ho gioito sul dominio dei miei carri armati che spazzavano via un’intera armata su Risiko, per poi gettarlo tra le fiamme dopo aver perso malamente, a causa delle disgrazie sul tiro di dado. Tuttavia, nessuno empatizzava per i poveri carristi periti sotto un conflitto a fuoco che non aveva alcuna origine bellica. Una guerra, inventata, tra fazioni. Sono ritornato indietro nel tempo, agli albori di Operazione Valchiria, vestendo i panni di von Stauffenberg e cercare di cambiare la storia, ripercorrendo il periodo buio della guerra mondiale su Black Orchestra. Ho vissuto i momenti terrificanti dei sopravvissuti all’assedio di Sarajevo su This War of Mine. Tutto intervallato dai colpi di spada e scure su Talisman nel tentativo di diventare il più forte di tutti e vaporizzare gli altri giocatori con la Magia di Comando. Ma i goblin uccisi che colpa avevano? Insomma, la mia mente spaziava su diversi universi paralleli, dove l’unico comune denominatore riassumeva l’intera esperienza: la fantasia. Poi mi sono imbattuto in qualcosa di inverosimile.

Il più grande conflitto senza senso della storia.

Offesa

Ah, quel gusto retrò.

Non avevo mai avuto la possibilità di provare Puerto Rico. Sì, lo so, la crocifissione è d’obbligo, ma ho rimediato quasi subito (si fa per dire) con la ristampa a cura di Alea del 2020. A dire la verità, il gioco me lo ricordavo differente, non dal punto di vista delle meccaniche, reputandolo ancora oggi uno dei giochi migliori nel panorama ludico, ma piuttosto dal lato dei materiali. Seguendo la scia del “tanto il colore non è importante” che va di moda nel contesto odierno, mi son ritrovato di fronte a una scelta, da parte degli editori, piuttosto singolare. Parto con una nota estratta direttamente dal regolamento: Considerato largamente come uno dei primi giochi in stile Euro a entrare nel mercato del gioco nordamericano, Puerto Rico ha segnato un passo importante nella storia dei giochi da tavolo. Per molti cittadini degli USA e del Canada, è stato il passo introduttivo che li ha portati alla cultura del gioco da tavolo. Detto questo, gli editori di questo gioco sarebbero negligenti nel non riconoscere l’evoluzione del discorso che riguarda la problematica dell’uso della colonizzazione come tema. Alea non pubblicherebbe mai un gioco con questo tema al giorno d’oggi. Detto questo, l’importanza di Puerto Rico nella storia dell’hobby, giustifica la pubblicazione del gioco, visto come un lascito storico all’interno del mondo del gioco. Non intendiamo minimizzare o ignorare le sofferenze causate dalla colonizzazione dell’isola di Puerto Rico. Incoraggiamo i giocatori a studiare la storia di Puerto Rico e di prendersi un momento per considerare le varie prospettive coinvolte nella colonizzazione, nonché i danni che questa ha causato in tutto il mondo, con un impatto che perdura ancora al giorno d’oggi.

Personalmente ho avuto un sussulto nell’aver letto la parte relativa ad “Alea non pubblicherebbe mai un gioco con questo tema al giorno d’oggi”. Stiamo parlando di un gioco da tavolo. Stiamo parlando di storia. Stiamo parlando di un’opera artistica (sì, anche i giochi da tavolo lo sono). Stiamo parlando di una parte del nostro passato comune e memoria condivisa. Dal mio punto di vista viene meno il concetto: la storia va ricordata, non cancellata. Non concordo con questo tipo di giustificazione, al fine di spiegare i motivi che hanno portato a inserire dischetti di colore viola (per me associabile al drappo funerario, no?) per rappresentare i lavoratori. Cambia la meccanica di gioco? No. Entri maggiormente nell’ambientazione del gioco? No. Poi un giorno dovranno anche spiegarmi perché Mombasa è divenuto un gioco spaziale, oppure la scomparsa degli indiani da Great Western Trail e la sostituzione con i fuorilegge. O meglio, lo so bene. Da qualche parte, su ogni pianeta, ci sarà sempre qualcuno che si sentirà offeso per qualcosa.

Giochi da tavolo
Massì, facciamo finta che i nativi americani non siano mai esistiti.

Indignazione

Fino a quando i problemi non ci toccano da vicino, si fa finta di niente per poi implodere su sé stessi e richiedere la giustizia divina. Un autore tedesco (trovate anche la nostra l’intervista) realizza un gioco sulla mafia ambientato in… Sicilia. Apriti cielo! Sia mai far trasparire la nostra storia per paura che il mondo ci etichetti come un paese di mafiosi. Si è aperta la caccia alle streghe affinché non sia localizzato in italiano, rivendicando l’amor di patria e utilizzando un tema serio come quello della Mafia in maniera goliardica. Gente che si è mobilitata addirittura con un’interrogazione parlamentare, inviata al Parlamento Europeo il 31 gennaio 2025. Si leggono altresì, nell’interrogazione E-000415/2025 i seguenti quesiti, che prima o poi troveranno risposta:

  1. Non ritiene che tale gioco sia profondamente lesivo della dignità dei siciliani e della stessa Sicilia, e assolutamente irrispettoso nei confronti di coloro che hanno pagato con la vita la loro opposizione alla mafia per difendere lo Stato di diritto, ed altresì dei loro familiari?
  2. Non ritiene che la banalizzazione di atti criminali realmente accaduti, veicolata attraverso un prodotto ludico destinato anche ad un pubblico giovane, sia altamente diseducativa, contraria ai valori fondamentali europei, e contraria “all’ordine pubblico” come da sentenza resa nella causa T‑1/17 La Mafia Franchises, SL/EUIPO[3] e che pertanto dovrebbe esserne interdetta la commercializzazione nel mercato interno?
La Famiglia
Più se ne parla, più lo aspetto con impazienza!

Ed eccoci qui, con quel retrogusto di censura. GiochiX è incaricata di localizzare La Famiglia – The Great Mafia War in italiano. Il vespaio si è messo in moto, esagitando il proprio disappunto per il blocco della pubblicazione del gioco da tavolo nel nostro bel paese. La questione ovviamente va oltre la qualità del gioco stesso, molti utenti nemmeno ci hanno giocato e in maniera prevenuta è stato già bocciato. Non sanno nemmeno che il gioco non parla di civili o del contesto reale, non c’è nulla del genere. Il motivo è semplice: usare la mafia come contorno del gioco da tavolo. Un argomento così serio non può essere usato in maniera ludica, in maniera così leggera. Fermo restando che il tema trattato è stato affrontato con il massimo rispetto, è sacrosanto diritto dell’autore esprimere le proprie idee e tradurle nella sua opera. Il consumatore finale ha il grande potere ancora sconosciuto ai più: la scelta nell’acquisto. Il pubblico non può e non deve decidere per l’autore cosa sarebbe meglio produrre. Colpo di scena e ironia della sorte, suddetto gioco da tavolo vince il premio As d’Or 2024. Fegati spappolati, bile a rimpinguare i calici eucaristici e bestemmie nel giorno del ringraziamento. Alla fine: se non ti piace Sanremo, semplicemente non lo guardi.

Giochi da tavolo
Il gioco da tavolo su The Godfather però va bene, lì c’è il capolavoro cinematografico che non si tocca.

In tutto questo putiferio che ricorda il basso Medioevo ai tempi di Orgoglio e Pregiudizio, aggiungiamoci il carico da novanta e rilanciamo a bastoni. Il Ministro della Giustizia della Repubblica Italiana, Carlo Nordio, durante la Relazione sull’amministrazione della giustizia, il 22 gennaio 2025, ha enunciato le seguenti parole:
Ci sono dei vuoti normativi, come ci sono dei vuoti normativi nei confronti dei giochi di ruolo, che nessuno conosce, ma che hanno provocato tutta una serie di danni psicologici, anche di suicidi, tra i ragazzi e nessuno ne ha mai parlato.
E si torna alle calende greche. Chi glielo dice a Nordio che grazie ai GDR e ai giochi da tavolo mi sono salvato dai 30 giorni di quarantena solitaria, in stanza tipo Vault di Fallout, durante il periodo pre-vaccino di Covid-19? Ci sono sempre casi e casi da analizzare…

Evadere dalla quotidianità, dai problemi reali per rifugiarsi in luoghi immaginari, seppur con qualche riserva, per taluni è necessario o addirittura migliorativo dal punto di vista psicologico. Un autore deve trovare il punto di contatto con il suo pubblico, senza lasciarsi influenzare su cosa fare e come farlo. Potrei anche raccontare una vicenda che ha toccato il mio personale gioco da tavolo, sviluppato da me stesso e che è stato oggetto di critiche sul tema, ma resteremo sempre ancorati su quel punto specifico. Le critiche costruttive sono sacrosante, il feedback per poter migliorare è alla base di una crescita personale o professionale, ma le offese gratuite, l’ignoranza e l’arroganza con la quale si critica un lavoro (che ha sempre, e ripeto, sempre, bisogno di rispetto) deve lasciar spazio ad altro o l’arte, per come la conosciamo, morirà per far spazio al proprio ego. Parafrasando una citazione: ecco come muore l’arte, sotto scroscianti commenti.


Questo articolo non intende offendere o danneggiare alcuna persona, gruppo o entità, ma rappresenta unicamente il punto di vista dell’autore.


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