Intervista ad Hadi Barkat di Helvetiq
Mi chiamo Laura, sono italiana e vivo nella Svizzera francese. Appassionata di giochi da tavolo, ho deciso di intervistare Hadi Barkat, fondatore e CEO della casa editrice Helvetiq, che dal 2008 a oggi ha pubblicato più di novanta giochi di società, oltre che libri e puzzle.
Ho proposto l’articolo al sito BoardGameItalia perché più di una volta, prima di acquistare un gioco, avevo consultato questo articolo Pocket Games di Helvetiq : l’autore del post ha passato in rassegna undici Pocket Games. Stiamo parlando della serie di Bandido, un best seller da mezzo milione di copie che non ha bisogno di presentazioni. Ed è proprio da qui che comincia la nostra chiacchierata.
“Bandido è uno dei miei giochi preferiti tra quelli che pubblichiamo”, mi dice il signor Barkat. Sullo sfondo, un paesaggio svizzero innevato e un caminetto acceso.
“Mi ha colpito fin da quando ho ricevuto il prototipo, ho subito proposto di pubblicarlo. Avvincente nella sua semplicità, è un gioco che funziona anche tra persone di età diverse perché non c’è bisogno di agire in rapidità. Si può riflettere sulla tessera da scegliere”.
Gli confermo che è il preferito di mio figlio di tre anni e cerco un modo formale per dire in francese che gli sarò grata in eterno per permettermi di giocare insieme a un bambino piccolo senza ammorbarmi. Non sono sicura di esserci riuscita.
Se Bandido è uscito nel 2016 e occupa già un posticino (molto piccolo – i Pocket Games sono contenuti in scatoline di 11×6,5×3 cm, per il sollievo delle nostre Kallax strabordanti) nella ludoteca di ogni gamer che si trovi a giocare talvolta con bambini o giocatori occasionali, la serie continua a reinventarsi.
“Lo spirito resta lo stesso: non proponiamo pesi massimi ma piuttosto giochi adatti a chiunque, in cui la strategia da applicare è chiara fin da subito. Giochi che non intimoriscono e che piuttosto inducono a giocare. È quello che si può dire anche per il nuovo nato Odin, classe 2024, uscito proprio ieri (8 gennaio, ndr) in Francia”.
Mi sono persa quest’ultima uscita! Gli chiedo di parlarmi di questa nuova scatolina, visualizzandola già insieme alle altre.
“È uno di quei giochi che mi fa venire voglia di inanellare le partite”, mi dice Barkat, con l’entusiasmo di un gamer più che di un imprenditore. “È il risultato di una collaborazione di un dream team composto da tre game designer coreani piuttosto famosi in questo periodo, Gary Kim, Hope S. Hwang e Yohan Goh. Lo scopo è essere il primo a scartare tutte le carte dalla propria mano e ad avere meno punti alla fine del gioco”.
“Un po’ come Papageno?”
“No, la meccanica è completamente diversa. Il giocatore deve giocare lo stesso numero di carte di quelle presenti al centro del tavolo, oppure una di più. Devono essere contrassegnate dallo stesso numero o dallo stesso colore: se si mettono in gioco più carte, il loro valore va calcolato ottenendo il numero più alto possibile (carta 2 e carta 8 danno come risultato 82, non 28). Dopo aver giocato, si prende una carta dal centro del tavolo tra quelle già presenti. Se all’inizio di un nuovo turno in mano si hanno solo carte dello stesso numero o dello stesso colore si giocano tutte e il turno è concluso (lo stesso avviene se non si hanno più carte in mano). Il gioco finisce quando si raggiunge un totale di punti stabilito inizialmente, tra i 10 o i 20 a seconda di quanto si vuole far durare la partita. Chi riesce a liberarsi per primo delle proprie carte inviando in battaglia i propri migliori vichinghi diventerà Re o Regina del Valhalla”.
Una possibilità che non lascia indifferenti. Chiedo se vi siano altri giochi cui il CEO di Helvetiq è particolarmente affezionato.
“Tra quelli che produciamo, apprezzo sempre una partita a K3. I nostri giochi di società in legno sono democratici: ambiscono a divertire senza punire una scelta sbagliata, in modo da permettere al giocatore di godersi l’intera partita. Ci proponiamo di trasmettere emozioni positive giocando, insomma. Quelle che proviamo noi quando testiamo un gioco e scopriamo di apprezzarlo”.
“E a quali classici gioca Hadi Barkat?”
“Amo molto Agricola, anche se non è un gioco da proporre a un giocatore occasionale o da intavolare quando si ha poco tempo. Con le mie figlie preadolescenti invece apprezziamo gli investigativi, in particolare gli Hidden Games: serve però un’intera serata a disposizione”.
Gli dico che anch’io ho una figlia dodicenne aspirante detective, ma oltre alle due ore libere dobbiamo procurarci un babysitter per il fratellino minore. Per questo dedichiamo il weekend ai giochi più lunghi e durante la settimana ripieghiamo volentieri su qualche sessione di Kariba (il cui designer è Reiner Knizia).
C’è da dire che i lunghi pomeriggi di gennaio in Svizzera, rischiarati dalla luce arancione del fuoco e dal candore della neve in giardino, si prestano a sessioni ludiche piuttosto lunghe.
“Cosa pensa del mercato italiano, invece?”, gli chiedo, consapevole di aver lasciato da pochi giorni un nord Italia in cui la temperatura saliva ancora a dieci gradi, una dozzina più di quelli che segna attualmente il mio termometro esterno.
“Il mercato italiano è un ecosistema in buona salute”, risponde, con una curiosa metafora da scienziato.
“Ci sono degli autori interessanti; noi collaboriamo con Leo Colovini, designer di On the road, un gioco della durata di mezz’ora in cui un gruppo di musicisti amatoriali vogliono raggiungere il Sunshine festival con il maggior numero di fan possibile.
Nel vostro paese inoltre ci sono almeno due fiere importanti, il Modena Play e il Lucca Comics. A volte mi sembra che gli italiani si sentano in difetto rispetto a Francia e Germania: non c’è motivo di esserlo perché, se è vero che nel vostro paese le abitudini di gioco sono diverse e in famiglia si tende ancora a proporre giochi tradizionali, il potenziale per l’affermarsi dei giochi di società di nuova generazione è alto”.
Gli confesso di essere una traumatizzata dal Monopoly: tra i miei ultimi pomeriggi consacrati ai giochi di società – prevalentemente estivi, perché giocavo con i miei cugini nell’attesa di poter fare il bagno tre ore dopo i pasti – e la scoperta dei moderni giochi da tavolo, sono intercorsi venticinque anni di diffidenza e sospetto.
“Mi dispiace sentire queste parole! In Italia c’è forse un po’ di ritardo nel capire che i giochi attuali sono capaci di divertire un pubblico variegato, unendo persone di generazioni diverse: il gioco di società non è più prerogativa del mondo geek. Le possibilità che si stanno aprendo sono promettenti e tutto lascia presagire che il mercato italiano si svilupperà in modo sempre più simile a quello tedesco e francese”.
“Mi permetto di fare una domanda che sta a cuore a molti lettori italiani. Personalmente non ne faccio uso, ma c’è chi gradirebbe parecchio delle sleeves formato Pocket Games”.
“Prendo nota del suggerimento, ma la questione ambientale è molto importante per noi. Cerchiamo di produrre giochi e confezioni dal contenuto in plastica sempre più basso”.
“Grazie! E per quanto riguarda il processo di produzione di un gioco, vi occupate di tutto? Dal prototipo alla grafica?”
“Sì, esaminiamo i prototipi e la nostra équipe comprende tre grafici interni, ma capita di avvalerci di collaborazioni esterne perché il lavoro da svolgere è davvero tanto”.
“C’è un ingrediente della ricetta Helvetiq che mi affascina particolarmente”, gli dico, notando che il tempo a disposizione per la nostra intervista si sta esaurendo. “Siete una squadra davvero internazionale. Le diciotto persone che compongono il vostro team, com’è scritto sul sito, parlano tra loro francese, tedesco, inglese, arabo, spagnolo, greco, cinese, danese, farsi, finlandese, norvegese, italiano, serbo-croato, un po’ di russo e un pizzico di turco. Tutti sono uniti nel nome della raclette, ça va sans dire, e suppongo anche in nome della birra, visto che il vostro libro Randos bière en Suisse ha venduto sessantamila copie”.
“La composizione della nostra azienda non dipende dalla messa in atto di una strategia pianificata: è successo in modo naturale”, commenta Hadi Barkat. “Se lo avessimo voluto, probabilmente non avrebbe funzionato così bene. Il nostro modo di lavorare attira persone che hanno viaggiato, vissuto in molti paesi, che parlano diverse lingue”.
L’intervista si conclude così, ma quando il signor Barkat mi mette in contatto con Mathilde Spriet, responsabile di Helvetiq per la comunicazione e il marketing, ne approfitto per chiedere un fun fact, un elemento insolito che ci consenta di rivolgere uno sguardo più personale verso il mondo che hanno creato insieme.
Lei mi risponde subito con una storia sul primo gioco realizzato da Helvetiq, che si chiama proprio così: a lui l’azienda deve il nome.
Hadi Barkat voleva acquisire la nazionalità svizzera e doveva imparare molto sulla storia e le consuetudini del paese in cui viveva, così ha creato questo gioco per rendere lo studio più divertente. Ne ha prodotto qualche esemplare per testarlo, preparandosi al colloquio di naturalizzazione. L’inaspettato successo di un gioco pensato come progetto personale ha sorpreso persino lui! Quindici anni dopo, Helvetiq è ancora in produzione.
Ringrazio Mathilde per avermi raccontato qualcosa che, più che a una storiella divertente, mi fa pensare a un mito di fondazione, a una leggenda delle origini.
Come ha detto prima Hadi Barkat, la sua azienda si propone di produrre giochi che spingano a giocare: giochi da portare in vacanza, da usare per ripassare prima di un esame, da sfruttare per intrattenere una persona che non gioca abitualmente senza far soffrire un giocatore incallito. Giochi determinati a uscire spesso dalle loro piccole scatole, perché non tutti gli inquilini della nostra Kallax hanno questo privilegio.
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