Esperienza ludomistica: il primo Lacerda
Alcune tappe nella vita sono obbligatorie, altre risultano più forzate a seconda della propria esperienza. Senza scomodare inutili Supplizianti o invocare l’intervento divino, il povero estimatore di giochi da tavolo che risiede in me sente il bisogno di nuovi stimoli per appagare quella sua sete di conoscenza. Dopo aver provato, invano, tante scatole riservate ai più disparati contesti e alle ambientazioni più strane, ecco che quella voglia di averne di più si fa largo tra un Carcassonne e Carnegie.
L’inizio della fine
Si parte con le ricerche, addentrandosi nel web più profondo e trovando le recensioni più malsane, ma che più farebbero al caso. Spulciando morbosamente le classifiche, ordinate scrupolosamente per peso specifico, manco fossimo in un laboratorio chimico a fare peer review, la nebbia comincia a inondare le stanze. Il senso di disagio è nell’aria e con lo sguardo perso nel vuoto gli echi portano da un lato i cultori degli american, dall’altro i germanisti con i forconi lustrati e nel mezzo i guerrafondai del multiverso 4X.
È la Battaglia dei Tre Regni. I primi sbraitano in favore della casualità, idolatrando il dottor Malcolm e incolpando il resto del mondo di non avere fantasia. I secondi spostano l’attenzione sul deterministico ragionamento che fa del cervello umano una calcolatrice scientifica che può portarci perfino su Titano. Gli esseri del multiverso plasmano le proprie conquiste sul pianeta Arrakis spazzando via senza problemi le prime due civiltà citate in precedenza per poi giustificarsi col guanto di Thanos.
In mezzo a questa faida, la curiosità si sposta verso un autore di cui già avevo sentito parlare, ma per qualche strano motivo ne avevo rimosso i ricordi. Alcune cose non accadono per caso. Al timido accenno verso un improbabile gioco non ancora ideato e presente solo nella mia mente, qualcuno casualmente suggerì: “Hai mai provato un Lacerda?”.
Quella frase pesò come un macigno. Reo di essere così tanto carente di siffatta cultura ludica e lasciandomi prendere dallo sconforto del “sentito dire“, mi apprestai a un sincero: “No, grazie. Preferisco lavorare piuttosto che essere torturato su un gioco da tavolo”. Mai frase fu così piena di ignoranza caprina.
Il tempo passava tra un Nemesis e Great Western Trail, con qualche intervallata su Bitoku. Nel mentre, osservavo tapino le varie esperienze al limite del paranormale, condivise sul web. Sì, volevo di più. Preso da una irrefrenabile e malsana voglia di entrare in quella spirale senza uscita, finalmente mi convinco a ordinare il mio primo Lacerda. Eh, ma quale scegliere?
La prima volta non si dimentica mai
Comincio a spulciare tra i vari lavori di Vital Lacerda, cercando di immaginarmi futuro viticoltore o ingegnere alla FIAT, passando perché no per uno della banda di The Italian Job. Tra le varie peripezie di come alcuni titoli ormai non sono più disponibili nel nostro paese e di come le copie a disposizione dei privati valgano quanto un quadro di Van Gogh, finalmente riesco a mettere le mani su qualcosa che mancava nella mia collezione, proprio in termini di ambientazione.
Dopo interminabili giorni, stagioni che nel frattempo andavano e venivano a piacimento e compleanni a scandire l’avanzamento inevitabile dell’età, finalmente il corriere arrivò a compensare l’attesa del nuovo Messia. Ricoperto di elogi, fuggì a gambe levate, probabilmente chiamando il sanatorio e imprecando in qualche strana lingua. Tuttavia il vaso di Pandora era nelle mie mani. Eccitato di poter essere il fautore di cotante disgrazie, potei finalmente ammirare il mio primo Lacerda: Kanban EV.
Essendo questo un lascito della mia esperienza (sia mai i posteri dovessero leggerlo tra qualche centinaio di anni), il regolamento in inglese non mi spaventava, visto che tutto il gioco è esente da qualsiasi lettera e lingua parlata. Tuttavia, qualcuno doveva apprendere le regole e spiegarle agli altri, sventurati, avventori al tavolo. Ho passato un paio di giorni col manoscritto in mano, ripetevo frasi a caso e senza senso persino durante la cena, mentre prima di coricarmi, i vicini ascoltano una strana litania provenire dalla mia stanza da letto. Qualcuno ha veramente pensato che stessi attuando qualche strano rito pagano…
Superato lo scoglio delle prime pagine di regolamento, più andavo avanti e più mi appassionavo alla stregua di un romanzo di Stephen King, rimuginando: “Perché ho atteso così tanto?”. La risposta potrebbe apparire retorica ai più. Comunque, tutta questa difficoltà così tanto narrata, come monito di disgrazia, nel suddetto libro di storia non la trovavo mica. Mia moglie mi osservava guardinga con l’occhio vitreo, indecisa se chiamare un esorcista o l’avvocato per il divorzio (in entrambi i casi avrebbe fatto bene). Ero letteralmente estasiato dal gioco e in preda a qualche crisi mistica.
La prima partita
A parte il rodaggio con la simulazione per capire il flusso di gioco e come girasse la vita in una fabbrica automobilistica, il primo vero giro a Kanban EV ha rappresentato un’esperienza indimenticabile. L’altro giocatore in competizione aveva il sentore di ritrovarsi di fronte a un gioco dove Food Chain Magnate in confronto era una passeggiata all’insegna del volantinaggio. In verità, a spiegazione avvenuta la situazione era cambiata in: “Tutto qua?“.
Sì, tutto qua. Essenzialmente la paura di trovarsi al cospetto di una punizione divina era tanta, ma a conti fatti, in due giocatori, Kanban EV è filato via liscio e senza particolari intoppi o tempi morti che lasciassero presagire la mia pensione anticipata. Certo, alcuni dubbi, durante la primissima sessione, necessitavano di una scorsa sul regolamento, ma niente di così traumatico. Piuttosto, il punto focale una volta terminata la sfida era rappresentato dalle lancette dell’orologio. Erano passate due ore e mezza.
Sgomento a parte, qualcuno aveva rubato quel tempo senza che me ne fossi accorto. Anche perché durante tutto questo lasso, la maggior parte delle esclamazioni più colorite erano riservate a Sandra e al suo modo di trattare i suoi dipendenti alla stregua del ragionier Fantozzi, epiteti compresi. Con le prime apparizioni delle madonne che cadevano sul diluvio universale, fino al cambio di calendario riservato ai profeti, entrambi i partecipanti hanno sfoggiato il proprio disappunto verso il mobbing di Sandra. Eppure, senza scomodare la sindrome di Stoccolma, ci provavamo gusto: è stato divertente e stimolante!
Passare più di due ore su un gioco da tavolo non sempre è ritenuto possibile o quantomeno non privo di sbadigli e imprecazioni, incalzando i partecipanti ad accelerare il passo onde evitare di morire disidratati. Memore di esperienze su Arkham Horror, in otto partecipanti, dove si era partiti di giorno e posto il termine a notte fonda che perfino Jack lo Squartatore si ritirò nelle sue stanze sbadigliando, la promessa sarebbe stata quella di evitare lunghi supplizi e torture di questo tipo, ma… Kanban EV (che non dura comunque quanto l’Antico Testamento) è stato in grado di fermare il tempo e farci viaggiare direttamente nel futuro.
Lungi da me spiegare le regole del gioco, ma sostanzialmente si tratta di piazzare il proprio lavoratore per effettuare tutto il procedimento di creazione di un’automobile, partendo dalla progettazione, fino a giungere alla fase di test su pista, passando per gli obiettivi aziendali da soddisfare, tutto intervallato dal capo reparto che fa la spola tra i vari dipartimenti e trovare il pretesto per prenderci a schiaffi, vista la nostra inutilità ad aggiornare la rispettiva cultura.
La fine dell’inizio?
Ora, lasciando da parte le successive partite, intavolandolo sempre con piacere, ogni sessione ha rappresentato un’esperienza differente, con tempi più ridotti per terminare la vita in fabbrica e competizione serrata e spietata su chi prendeva più ceffoni e pedate da Sandra. Dopo aver provato Kanban EV, sono ancora più convinto a misurarmi con altri prodotti targati Lacerda, visto che mi ha lasciato il palato parecchio dolce.
A onor del vero, dopo aver sul groppone un sacco di improperi, Kanban EV ha rappresentato per me una goduria al limite dell’esperienza ludomistica e chissà che non diventi l’inizio di una rubrica sulle vicende più provanti causate dai giochi da tavolo. Certo, il suo target non riservato a quei poveri giocatori della domenica e padroneggiarlo richiede tanti giri dietro la safety car, tuttavia è una tappa che prima o poi dovrebbero provare tutti, ossia: proprio provare un Lacerda.
Curiosità
Ironia della sorte, questa esperienza è partita durante l’annuncio del Kickstarter relativo al nuovo lavoro di Vital Lacerda: Inventions: Evolution of Ideas.
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